La commissione d’inchiesta su Caporetto
La tragedia di Caporetto ha avuto tanti protagonisti, in positivo ed in negativo : proprio per fa luce su questi ultimi ed accertarne le responsabilità nel gennaio del 1918 (quindi ad avvenimenti ancora “freschi”) fu costituita la Commissione d’Inchiesta per indagare sulle cause che avevano portato, durante la prima guerra mondiale, alla sconfitta di Caporetto ed alla ritirata sul Piave.
I risultati dei lavori della commissione, probabilmente troppo da lunghi da riassumere, sono stati alla fine abbastanza chiari e circostanziati verso gli attori principali della ritirata di Caporetto ma contenevano fin dall’inizio una mancanza non da poco che descrivo più avanti.
La commissione era presieduta da un Generale ( Carlo Caneva ) e comprendeva altri due alti ufficiali, di cui un vice ammiraglio, dall’avvocato generale militare, da un senatore e due deputati: la presenza di questi ultimi era dovuta la fatto che la commissione venne istituita dal governo Orlando a fronte di richieste parlamentari.
Le udienze ed i lavori della Commissione durarono circa un anno e mezzo, dal febbraio 1918 al luglio 1919 : durante il periodo di guerra i commissari furono lasciati “liberi” dal governo e non subirono particolari condizionamenti se non alla fine, nella convinzione iniziale che la commissione stessa non avrebbe mai potuto appurare la verità su Caporetto.
Invece i risultati, seppur incompleti, vi furono : la relazione finale venne pubblicata in tre volumi nel 1919 e rappresentò un’approfondimento complessivo sulla condotta italiana durante la Prima Guerra Mondiale fino al 1917 e sul modo di condurla dello Stato Maggiore Generale guidato dal Gen. Luigi Cadorna.
Nelle conclusioni della relazione si stabilì definitivamente che gli avvenimenti dell’ottobre 1917 avevano il carattere di una sconfitta militare e che non ci fu il cedimento delle truppe denunciato da Cadorna, anche se c’era una stanchezza morale diffusa tra i combattenti che sicuramente contribuì alla sconfitta di Caporetto avvenuta a partire dal 24 ottobre 1917 ed alla tragica ritirata fino al Piave che ne seguì.
I lavori della commissione riportavano approfondite considerazioni sul modo di condurre le operazioni del Gen. Cadorna: gli errori sull’impiego del personale e di non aver curato “l’economia delle energie fisiche e morali della truppa”, tollerando inutili sacrifici di sangue, sproporzionati ai risultati, compreso l’utilizzo eccessivo delle esecuzioni sommarie. Inoltre gli si imputava di non aver ben governato i quadri, compiendo un’esagerata eliminazione di generali e ufficiali superiori ( i famosi “siluramenti” ).
Le cause determinanti nella sconfitta di Caporetto furono però individuate in quelle militari.
La commissione individuò proprio in Cadorna il maggiore responsabile del disastro, pur riconoscendogli il merito di “avere strategicamente ben guidato l’esercito nel difficilissimo ripiegamento dall’Isonzo al Piave” .
Gli si imputava però di non aver adeguatamente organizzato “riserve strategiche organicamente costituite”, di non aver approntato grandi linee difensive e di non aver preventivamente studiato un eventuale ripiegamento con lo scaglionamento di magazzini e depositi meno a ridosso delle prime linee.
Ma se Cadorna risultava essere il primo responsabile anche altri suoi sottoposti non uscivano indenni dalla relazione finale: i generali Capello, Porro, Montuori, Bongiovanni e Cavaciocchi furono additati come co-responsabili per avere anch’essi una parte delle stesse responsabilità di Cadorna, sia dal punto di vista morale che strategico.
Ma quindi cosa mancava nella relazione della commissione d’inchiesta su Caporetto ?
L’attività della Commissione d’Inchiesta fu condizionata non tanto dalle istituzioni dell’epoca ma dallo svolgersi degli eventi dopo che la ritirata si era fermata al Piave: Il gen.Badoglio (insieme a Giardino) era stato promosso da comandante del XXVII Corpo d’armata a vicecomandate supremo dell’esercito (il cui comando era stato affidato al gen. Diaz) .
Purtroppo il XXVII Corpo d’armata era proprio uno di quelli che per primi avevano ceduto, aprendo la via all’esercito Austro-Tedesco e questo comportamento ( con quello del suo comandante Badoglio ) avrebbe dovuto essere preso in considerazione dall Commissione d’Inchiesta. Invece niente.
Nacque immediatamente la voce di 13 pagine della relazione conclusiva che accusavano pesantemente l’ex comandante del XXVII Corpo d’armata ma che erano state eliminate dalla relazione stessa. Come si poteva accusare il vicecomandante supremo ed uno dei protagonisti della battaglia di Vittorio Veneto e della Vittoria?
Cosa c’era scritto in quelle fantomatiche 13 pagine ? Senz’altro anche Badoglio aveva responsabilità di non poco conto nella ritirata di Caporetto. Il suo XXVII Corpo d’armata era stato travolto e le artiglierie sotto il suo comando erano state inefficiente (anzi mute) durante l’attacco Austro-Tedesco.
Ma nel febbraio 1918, cona l aPrima Guerra Mondiale ancora in corso, il Gen.Giardino lasciava il Comando supremo e unico sottocapo di Stato Maggiore restava Badoglio, che divenne così l’unico braccio destro di Armando Diaz, tanto che, quando la Commissione d’inchiesta su Caporetto chiese di poterlo interrogare, il gen. Diaz si oppose, non volendo privarsi del suo sottoposto.
A seguito della battaglia del solstizio sul Piave Badoglio veniva promosso (27 giugno 1918) al rango di comandante d’armata per merito di guerra.
Anche nella preparazione della battaglia di Vittorio Veneto ebbe una parte importante e presiedette poi la commissione d’armistizio.
Per la sua opera dal novembre 1917 al novembre 1918 fu creato cavaliere di gran croce dell’Ordine Militare di Savoia e nel febbraio del ’19 venne nominato senatore.
Difficile quindi accusare e giudicare un personaggio con queste caratteristiche e tali titoli , molto meglio nascondere ed insabbiare il tutto ma da qui in avanti Badoglio diventò uno dei personaggi più controversi della storia militare italiana.
E’ infine interessante ricordare che cosa scrisse di lui Luigi Cadorna nel 1919:
« La Gazzetta del Popolo ha pubblicato ieri le conclusioni dell’inchiesta su Caporetto. Si accollano le responsabilità a me e ai generali Porro, Capello, Montuori, Bongiovanni, Cavaciocchi e neppure si parla di Badoglio, le cui responsabilità sono gravissime. Fu proprio il suo Corpo d’armata (il ventisettesimo) che fu sfondato di fronte a Tolmino, perdendo in un sol giorno tre fortissime linee di difesa e ciò sebbene il giorno prima (23 ottobre) avesse espresso proprio a me la più completa fiducia nella resistenza, confermandomi ciò che già aveva annunciato il 19 ottobre al colonnello Calcagno, da me inviatogli per assumere informazioni sulle condizioni del suo Corpo d’armata e sui suoi bisogni. La rotta di questo Corpo fu quella che determinò la rottura del fronte dell’intero Esercito. E il Badoglio la passa liscia! Qui c’entra evidentemente la massoneria e probabilmente altre influenze, visto gli onori che gli hanno elargito in seguito. E mi pare che basti per ora!»