Il generale Gerolamo Ramorino
Il generale Gerolamo Ramorino detiene il triste primato di essere stato l’unico generale italiano fucilato per aver disobbedito ad un ordine: venne processato per direttissima con la grave accusa di aver causato la sconfitta di Novara del 1849 disobbedendo alle consegne.
Di famiglia genovese, Gerolamo Ramorino compì gli studi all’École spéciale militaire de Saint-Cyr, dalla quale uscì nel 1809 con il grado di sottotenente di fanteria. Combatté giovanissimo in Austria, prendendo parte alla battaglia di Wagram (1809), e in Russia (1812) con Napoleone, che lo ricompensò nominandolo ufficiale d’ordinanza durante i Cento Giorni, dopo i quali fece ritorno in Piemonte.
Nel 1821 prese parte ai moti rivoluzionari piemontesi e quindi riparò dapprima in Francia e poi in Polonia, dove, nel 1830, ebbe un ruolo di comando nella rivolta di novembre, scoppiata il 29 novembre 1830 a Varsavia e conclusa nell’ottobre 1831.
Partecipò all’invasione della Savoia decisa da Giuseppe Mazzini, nel 1834, dopo il fallimento della quale si trasferì a Parigi.
Dopo l’armistizio di Salasco, offrì la sua collaborazione all’esercito sabaudo e passò sotto il comando del generale Wojciech Chrzanowski.
Con l’incarico di generale di divisione dell’esercito piemontese, ricevette nel 1849, all’inizio della prima guerra d’indipendenza italiana l’ordine di presidiare la frontiera con il Lombardo-Veneto e di bloccare il passaggio del Gravellone da parte delle forze austriache e quindi con la sua V divisione venne inviato sul Ticino nei pressi di Cava Manara. Con questo schieramento avrebbe dovuto evitare che gli Austro-Ungarici penetrassero in Piemonte dalla Lomellina dopo aver attraversato il Ticino.
Avendo probabilmente saputo di possibili passaggi austriaci effettuati sulla destra del Po e ritenendosi perciò autorizzato ad agire di propria iniziativa, Ramorino raccolse le proprie forze nel Vogherese e lasciò così libero il passo all’invasione austriaca (che muoveva appunto da Pavia), senza avvertirne il comandante in capo.
L’esercito austriaco invece si presentò in forze proprio nel punto da lui lasciato scoperto e poté tranquillamente transitare verso Novara.
Per questo venne ritenuto traditore e gli venne attribuita, insieme a Chrzanowski, la responsabilità per la sconfitta di Novara (conosciuta anche come battaglia della Bicocca dal nome dell’omonimo sobborgo sud-est di Novara).
Probabilmente la posizione del generale Ramorino fu aggravata dal fatto di essere stato arrestato, dopo i fatti del 23 marzo 1849, dalla Guardia Nazionale ad Arona . Non è chiaro cosa ci facesse Ramorino sul Lago Maggiore : forse stava cercando di scappare in Svizzera dopo la disfatta di Novara.
Di certo Arona era fuori mano rispetto alle vicende di quei giorni e la scusa accampata dal Ramorino di aver perso i contatti con il comando supremo dopo la battaglia di Novara e di cercalo disperatamente non risultava molto credibile.
Venne condannato dalla corte marziale, in base all’art. 259 n. 5 del codice penale militare del 1840, che sanciva la pena di morte anche a chi avrà impedito il buon esito di un’operazione militare e conseguentemente fucilato nella Piazza d’Armi di Torino (il luogo della città dove si svolgevano tutte le parate militari) il 22 maggio 1849.
Chiese e ottenne di essere lui stesso a comandare il plotone di esecuzione.
Dal punto di vista storico si è molto discusso a proposito del peso che quell’errore ebbe agli effetti della sconfitta di Novara.
Alcune interpretazioni, pur sottolineando le gravi responsabilità di Ramorino, rifiutano di considerarle l’unica causa della sconfitta, affermando anzi che gli alti ranghi dell’esercito sabaudo colsero, subito dopo Novara, l’occasione per fare di Ramorino un capro espiatorio scaricando su di lui le maggiori responsabilità della catastrofe.