Battaglia al monte di Ragogna
Nel 1917 , a seguito dello sfondamento austro-tedesco dutante le battaglia di Caporetto, le truppe degli eserciti Austro-Ungarico e tedesco avanzarono verso il Tagliamento con il proposito di oltrepassarlo di slancio e travolgere così il Regio Esercito.
Per cercare di bloccare questa avanzata e dare il tempo all’esercito italiano di ritirarsi ad ovest del Tagliamento facendo poi saltare i ponti si decise di arroccare delle forze del Regio Esercito sul Monte di Ragogna , appena ad est del Tagliamento, dove era più facile organizzare una difesa ad oltranza per bloccare gli austro-ungarici ed i tedeschi.
Nell’area compresa tra Ragogna, San Daniele, Pinzano e Forgaria, il Corpo d’Armata Speciale del Maggior Generale Antonino Di Giorgio, con le Brigate di fanteria “Bologna”, “Lombardia”, “Lario” e “Barletta”, oltre a unità minori, schierò circa 20.000 uomini muniti di circa 120 pezzi d’artiglieria con munizioni limitate.
Queste forze affrontarono un attacco condotto da quattro divisioni austro-germaniche fra cui a 12^ Divisione germanica (la “Slesiana” protagonista dello Sfondamento di Tolmino), la 50^ Divisione di Fanteria austro-ungarica ed alcuni reparti della 13^ Divisione Schützen austro-ungarica: unità collaudate su vari fronti, coadiuvate da un potente parco d’artiglieria, esaltate dai recenti successi e motivate a conseguire un tempestivo passaggio del maggiore fiume friulano.
Le forze austro-tedesche avevano in totale oltre 60.000 uomini supportati da almeno 450 bocche da fuoco ed avevano l’obiettivo di attraversare il Tagliamento, avanzare lungo la pedemontana pordenonese e minacciare il Regio Esercito Italiano nella pianura veneta.
Sulla Brigata Bologna, costretta tra il nemico avanzante ed il Tagliamento in piena alle proprie spalle, ricadeva una responsabilità ben superiore al ripristino della presunta “Onta di Caporetto”: se non avesse inchiodato l’attacco avversario almeno per ventiquattr’ore, difendendo allo strenuo gli accessi al Ponte di Pinzano e alla Passerella di Pontaiba, il grosso dell’esercito italiano non avrebbe avuto il tempo necessario per riorganizzarsi sul fronte del Piave.
Il 31 ottobre entrò in azione alle ore 6 l’artiglieria austro-tedesca per preparare l’attacco delle fanterie che si verificò tre ore dopo.
All’inizio l’attacco riportò successi limitati ma poi, anche a causa della superiorità numerica, gli italiani si ritirarono nella frazione San Pietro e un reggimento della 12ª slesiana riuscì a raggiungere il ponte di Pinzano al Tagliamento, da cui dovette in seguito ritirarsi perché attaccato alle spalle dalle mitragliatrici del Regio Esercito appostate sul monte Ragogna.
Il Monte di Ragogna, i dintorni del Ponte di Pinzano e del paese di Muris furono teatro della fase più drammatica della battaglia, che portò alla perdita dell’intera Brigata “Bologna”, di alcune compagnie mitragliatrici e di un battaglione della Barletta.
Composta da circa 5.500 fanti agli ordini del Colonnello Brigadiere Carlo Rocca, la Bologna sostenne durissimi scontri sino al 1° novembre, quando si ritrovò intrappolata tra l’avversario preponderante per numero e mezzi (di fronte) e il Tagliamento in piena (alle spalle).
Con i Ponti di Pinzano e di Pontaiba interrotti dietro disposizioni superiori, pur accerchiati dall’avversario e colpiti addirittura dalle salve dell’artiglieria “amica”, i resti della Brigata Bologna prolungarono la difesa per alcune ore, sino all’inevitabile resa dovuta anche alla distruzione dei ponti di Pinzano e di Pontaiba alle loro spalle.
Infatti il Gen.Sanna, comandante della 33ª Divisione, vedendo l’avvicinarsi delle truppe austro-tedesche, supportate anche dall’artiglieria che avrebbe potuto interrompere i fili elettrici delle cariche, ordinò la distruzione del ponte di Pinzano per impedire al nemico l’attraversamento del Tagliamento.
Nella notte fra il 31 Ottobre ed il 1° Novembre i genieri italiani incendiarono la Passerella di Pontaiba; pochi chilometri a settentrione, consistenti reparti austro-ungarici
investivano il Ponte di Cornino, mantenuto dai mitraglieri del regio esercito appostati sull’Isolotto del Clapàt, tra le due campate del viadotto.
Alle 11:25 del 1 novembre 1917 le mine italiane detonarono, distruggendo il ponte e precludendo ogni possibilità di salvezza a coloro che stavano difendendo la trincea del Monte Ragogna a est del Tagliamento.
I soldati italiani della Brigata Bologna, rimasti intrappolati sulla riva sinistra del Tagliamento, non si arresero fino a sera; i superstiti, 3.000 soldati e 50 ufficiali, ricevettero l’onore delle armi dai tedeschi per la loro valorosa resistenza sul campo.
Così, il Capitano Teodoro Moggio del III/40° Fanteria rievocò quei tragici frangenti:
“Verso mezzogiorno un fragore assordante alle mie spalle, seguito da una enorme colonna di fumo e polvere, mi avvertiva che il ponte di Pinzano saltava in aria, tagliandoci in tal modo l’unica via di salvamento. La lotta non cessò per questo, forse perché la maggior parte dei soldati non si rese subito conto dell’irreparabile sciagura…”
La resistenza dei nuclei superstiti della Brigata Bologna sulla sinistra del Tagliamento scemò verso le ore 14.30, dopo tre ore dalla distruzione del Ponte di Pinzano.
Più di quattromila fanti caddero prigionieri degli Austro-Germanici, i quali resero loro l’unico riconoscimento previsto per un nemico vinto, ma valoroso: l’Onore delle Armi.