Le Zone Rosse in Francia conseguenza della Prima Guerra Mondiale
In alcune parti della Francia, la prima guerra mondiale non è mai finita.
Durante il conflitto, gli eserciti britannico, francese, americano e tedesco hanno sparato circa 720 milioni di proiettili d’artiglieria sul fronte occidentale tra il 1914 e il 1918. Secondo le stime degli esperti militari, un proiettile su cinque non è esploso.
Molti di questi proiettili contenevano gas tossici e, a causa del tempo trascorso, anche gli artificieri più esperti trovano difficile identificarli, a meno che le bande colorate, che indicavano la presenza di gas, non siano ancora visibili.
A causa della contaminazione del suolo da parte di questi proiettili inesplosi, migliaia di chilometri quadrati in Francia furono recintati già alla fine del 1918. Queste aree, conosciute come Zone Rosse (Zone Rouge), sono tuttora vietate: vi si trovano villaggi distrutti, ordigni inesplosi, piombo, mercurio e gas da combattimento, rendendo impossibile la residenza. Originariamente coprivano oltre 1.200 chilometri quadrati e furono giudicate troppo pericolose per la vita umana.
Secondo la legge francese, attività come l’alloggio, l’agricoltura e la silvicoltura sono vietate in queste aree, a causa della presenza di resti umani, animali e milioni di ordigni inesplosi. Alcuni villaggi non sono mai stati ricostruiti.
Anche oggi, queste zone restano arcipelaghi di campi di battaglia inquinati, inadatti all’uso civile o agricolo.
Nel 1919, le Zone Rosse coprivano circa 1.200 km². Il Ministero francese per i Territori Liberati le ha classificate in tre categorie in base al livello di distruzione:
• Zone Verdi, con danni minimi;
• Zone Gialle, con danni significativi ma contenibili;
• Zone Rosse, completamente distrutte, spesso vicino alle ex linee del fronte.
Secondo un rapporto del dopoguerra, le Zone Rosse erano “completamente devastate”, con danni alle proprietà e all’agricoltura del 100%. Vivere in queste zone era considerato impossibile. Il terreno era saturo di ordigni inesplosi e inquinato da metalli pesanti, acidi e gas tossici, rendendo l’area pericolosa per la vita.
A Verdun, sono stati ritrovati molti resti umani non identificati, successivamente trasferiti in ossari come quello di Douaumont. I resti di soldati continuano a emergere ancora oggi. Nel 2012, le autorità hanno identificato i resti di un soldato francese, Albert Dadure.
Nel 1927, le Zone Rosse si erano ridotte del 70%, a circa 490 km², grazie anche alla pressione degli agricoltori locali che volevano ripristinare la produttività dei loro campi.
Il Département du Déminage francese, istituito dopo la Seconda Guerra Mondiale per bonificare le aree dagli ordigni inesplosi, recupera ogni anno circa 900 tonnellate di munizioni. Dal 1946, circa 630 lavoratori sono morti gestendo questi ordigni.
Col tempo, lavori di costruzione e processi naturali portano alla superficie ordigni arrugginiti. Gli agricoltori delle ex Zone Rosse raccolgono annualmente un “raccolto di ferro” di quasi 900 tonnellate di ordigni inesplosi durante le semine primaverili e le arature autunnali.
Oggi, le Zone Rosse coprono circa 100 km², pari alle dimensioni di Parigi, e non è previsto che scompaiano presto. Si stima che potrebbero essere necessari fino a 700 anni per rimuovere tutti gli ordigni ancora presenti nel suolo francese.
Oltre agli ordigni inesplosi, il suolo è contaminato da gas, acidi e sostanze chimiche che impediscono la crescita di vegetazione. Circa il 5% dei proiettili conteneva gas velenosi e, nonostante il tempo trascorso, questi restano pericolosi.
Nel 2012, è stato vietato l’uso di acqua potabile in 544 comuni a causa dei livelli di perclorato, utilizzato nella produzione di munizioni durante la Prima Guerra Mondiale. Anche i cibi come funghi e selvaggina provenienti da queste zone potrebbero essere contaminati. I cinghiali nella foresta di Verdun presentano livelli anormalmente elevati di piombo nei loro fegati.
L’eredità ambientale invisibile della Grande Guerra ha conseguenze molto reali.