Fabio Di Paola

Incidente Vela 6911 : test nucleare o meteorite?

18 Giugno 2024 Storia 0

Il 22 settembre 1979 il satellite americano noto come Vela 6911 rivelò un “doppio lampo”, un’anomalia che venne immediatamente associata ad un’esplosione nucleare avvenuta approssimativamente a 1000 miglia dalle coste del Sudafrica in prossimità delle isole del Principe Edoardo: arcipelago disabitato ad eccezione di pochi ricercatori asserragliati in una piccola stazione per rilevamenti meteorologici.

L’anomalia captata dal satellite Vela 6911 venne considerata fin dal primo momento analoga a quelle registrate da altri satelliti Vela in ben 41 test nucleari precedentemente monitorati. Quella notte infatti il personale incaricato di monitorare il satellite registrò l’evento come segno inconfondibile di una detonazione nucleare.

Il cosiddetto “blast” venne rilevato dai sensori del satellite Vela mentre eseguiva la sua rotta di sorveglianza lungo l’Oceano Atlantico Meridionale e l’Oceano Indiano: il satellite stesso era stato progettato e lanciato proprio per quel tipo di missione, monitorare le aree sorvolate con sensori e strumentazioni per captare le anomalie associabili ad una detonazione nucleare (anche in virtù di un Trattato di divieto parziale dei test del 1963 , che vietava i test nucleari nell’atmosfera, sott’acqua e nello spazio).

A lungo l’evento è stato ritenuto un vero e proprio mistero internazionale, nonostante molti fossero sicuri fin da allora che quello che è passato alla storia come “l’incidente” fosse in realtà un test nucleare clandestino eseguito da Israele con la connivenza del Sudafrica ed in seguito insabbiato dalla Casa Bianca.

In effetto tutti gli elementi consentivano di affermare che il “doppio lampo” che illuminò l’Oceano Indiano alle 00:53 del 22 settembre 1979 sarebbe da ricondurre proprio ad esplosione nucleare.

Il consiglio di sicurezza riunito dagli Stati Uniti mise al vaglio i principali sospetti, restringendo la lista a soli due paesi: il Sudafrica, che si riteneva stesse sviluppando una bomba atomica, e Israele, che era impegnato da oltre un vent’anni nel programma Dimona aggiungendo che per il test sarebbe stata impiegata una nave in mare.

Tuttavia fu fatto notare che il programma per l’ottenimento di armi nucleari del Sudafrica non aveva raggiunto uno stadio sufficientemente avanzato per permettergli di testare un ordigno.
L’esclusione dei sudafricani quali artefici del test nucleare, faceva ricadere su Israele ogni eventuale responsabilità.
Sembrava infatti molto più verosimile che una potenza come quella d’Israele fosse stata in grado di portare avanti con successo il suo programma nucleare e che fosse giunta al punto di poterne testarne i risultati. Risultati che però andavano necessariamente verificati in qualche remoto angolo del pianeta,non di certo in Medio Oriente.

Forse per evitare di dover ammettere l’ipotetica violazione dei trattati commessa da Israele nel 1979 i governo statunitense mise in dubbio i dati satellitari captati sostenendo che non si era registrato nessuno caso caratteristico di una detonazione nucleare: un’anomalia tra l’ampiezza dei due segnali durante il secondo impulso portò un gruppo di esperti del governo statunitense (istituito per valutare l’evento) a concludere che una spiegazione più probabile era l’impatto di un piccolo meteoroide sul satellite, i cui detriti riflettevano la luce solare nel campo visivo dei sensori.

Il riferimento era dovuto al fatto che i due diversi strumenti presenti sul satellite non avevano registrato “letture equivalenti” e “parallele” durante la massima intensità del secondo flash prodotto dall’ipotetica detonazione.

Inoltre sottolinearono come fosse insolita la scelta di effettuare un test nucleare di notte invece che di giorno. Tuttavia, secondo le loro conclusioni si era trattato della detonazione di un ordigno con una potenza calcolabile tra gli 1,5 e i 2 kilotoni – “probabilmente inferiore alla resa del progetto”.

Tuttavia lo iodio-131 trovato in seguito nella tiroide di alcune pecore australiane sarebbe stato coerente con il fatto che queste abbiano pascolato sul percorso di un potenziale pennacchio di ricaduta radioattiva prodotto da un test nucleare a basso rendimento nell’Oceano Indiano meridionale.